VOLLEY Difesa e ricezione, si può dare di più

Incoraggiante punto di partenza

Il biglietto da visita recava, scritto in cirillico, il titolo di campione olimpico. Ma la Russia di Copenaghen è già altro rispetto alla squadra che vinse l’oro olimpico a Londra 2012. Giovane, alta, possente. Lanciata verso i Mondiali dell’anno prossimo ma soprattutto proiettata su un bis olimpico in casa dei maestri brasiliani. Tutti concordi nel tessere le lodi di questo squadrone, arrampicato sui 218 centimetri di Muserskiy, che fa impressione a guardarlo in Tv, figuriamoci a trovarselo a pochi centimetri, dall’altra parte della rete, con le braccia tese a murare.
Non servono componenti aggiuntivi per elogiare il comportamento dell’Italvolley in questi Europei. Con l’unica macchia belga, durante il cammino di Travica e compagni. Ricordare la serie di infortuni che hanno condizionato le partite dell’Italia, non significa accampare alibi (nessuno, nè all’interno nè all’esterno lo ha fatto) ma semplicemente fotografare una realtà oggettiva.
        Gli infortuni, o acciacchi, che hanno afflitto Birarelli, poi il capitano Savani (come Kovar in ripresa dopo un grave infortunio), l’altro schiacciatore Parodi, hanno indotto il ct a cambiare formazione in ogni occasione, dall’inizio o strada facendo. Cambiando ruolo a Zaytsev, che non riceveva da un secolo. Ma nonostante ciò, l’Italia è arrivata a soffiare sul collo dei russi. E questa è una gran bella cosa, se si continuerà a lavorare con umiltà, sulla rotta olimpica.

Liberi, bagher, difese, piazzamenti

Una volta c’erano i maestro orientali che non lasciavano cadere a terra un pallone. Poi brasiliani e russi sono riusciti a coniugare la grande qualità dell’attacco con una feroce e redditizia applicazione della fase difensiva. Agilità ed elasticità a dispetto dei fisici imponenti, organizzazione di gioco, senso della posizione. La Russia ha vinto anche in difesa la sua finale europea con gli azzurri. Rispolverando il 31 enne libero moscovita Aleksej Verbov, l’indemoniato che agli Europei del 2005 non ebbe timore a sfidare con le sue urla i 12.000 del PalaEur romano.
        Ora, la difesa non è mai stata la dote naturale delle nazionali italiane. Ma ci sono state delle squadre azzurre che avevano saputo metabolizzare gesti e abitudini in modo da far dimenticare il difettuccio congenito. Basta pensare alla palla determinante recuperata da Lucchetta nella finale mondiale del ‘90, che poi Bernardi trasformò nel punto iridato. Perchè allora i centrali ricevevano e difendevano. 


        Agli Europei, complici tutte le situazioni d’emergenza di cui si è ampiamente parlato, sono mancate spesso coperture e posizionamenti, e la cattiveria agonistica difensiva ha subito qualche sbalzo di continuità. Ecco uno degli aspetti su cui bisogna lavorare molto. Si gioca tanto, ci si fa male spesso.
         Tornare ad allenare l’universalità potrebbe essere un modo per tamponare le emergenze, una via italiana per costruirsi alternative future. Perchè un opposto non deve saper ricevere? Perchè un centrale deve essere esentato dalla ricezione? Campioni come Lucchetta, Gardini, Gravina ricevevano meglio di molti liberi del nostro campionato. Perchè non si resta di più in campo, anche al termine degli allenamenti, a fare gli straordinari in ricezione?
        Il libero azzurro Rossini ha margini di crescita: ricordando quanto fu determinante Corsano in quel ruolo, sarebbe opportuno che a Latina il suo nuovo tecnico Santilli gli si dedicasse con particolare dedizione, per farlo definitivamente sbocciare.


Testi apparsi sul Corriere dello Sport di martedi 1 ottobre 2013

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