CALCIO Juventus, a caccia della cinquina con la stessa super difesa

Sul Corriere dello Sport di venerdì 14 agosto 2015


Non c’è mai stata grande Juve senza una super difesa ed implacabili “mastini”. Dallo squadrone del quinquennio, quello dei cinque scudetti consecutivi negli Anni Trenta con Carcano in panchina, a quello forgiato da Antonio Conte che il successore Allegri cercherà di guidare al quinto tricolore di fila, c’è il filo conduttore di una difesa granitica con interpreti di qualità. Combi-Rosetta-Caligaris era l’inizio di una filastrocca che ogni tifoso juventino imparava a conoscere, anche se per ragioni anagrafiche non aveva mai visto giocare il trio delle meraviglie, integrato dai vari Barale, Varglien I, Bertolini. I sistemi di gioco sono cambiati nel tempo, oggi è più complicato snocciolare formazioni, ma la sostanza non è cambiata. Con la difesa a tre, quelli che una volta si chiamavano terzini si sono trasformati in laterali di spinta, impegnati sia in fase difensiva che offensiva. Ma quello che conta è la robustezza, l’affiatamento, l’intesa, la sincronia, il saper anticipare le intenzioni facendosi trovare al posto giusto nel momento giusto.
E nella Juventus dei quattro scudetti consecutivi, non a caso, il reparto difensivo è in pratica rimasto sempre lo stesso. Il comune denominatore degli ultimi quattro anni, nella retroguardia bianconera, ha i nomi di Buffon, Bonucci, Chiellini, Barzagli, Lichtsteiner, con l’aggiunta del prezioso Caceres, una sorta di jolly difensivo, affidabile in ogni situazione quando infortuni (che non sono mancati) e squalifiche hanno tolto di mezzo i titolari. Il concetto non piacerà agli esteti del calcio spettacolo, per i quali l’attacco è l’unico dogma contemplato e difendersi una brutta malattia diffusa da quei catenacciari degli italiani. Ma è difficile contestare che nella maggior parte dei casi le vittorie nascono dietro, dal portiere alla difesa, che costituiscono l’ingrediente insostituibile di ogni successo. 
Puntare su una grande difesa non significa abdicare al “primo non prenderle” o sposare ad occhi chiusi il contropiede, anche perché come diceva Cesar Luis Menotti, il ct dell’Argentina iridata nel ‘78, «il contropiede è come l’amore, si incontra, non si può pianificare». 
Nel calcio di oggi, che esalta l’organizzazione di gioco, la difesa è fondamentale ma anche legata al filtro del centrocampo, al contributo degli attaccanti che a loro volta sanno anche tornare. Emblematiche le rincorse di Tevez, nello scorso campionato, a neutralizzare i contrattacchi avversari. La capacità di esprimersi in più ruoli, anche con compiti prettamente difensivi, ha fatto ad esempio la fortuna di Padoin. 
L’aspetto da sottolineare è come l’attuale difesa bianconera delle meraviglie, sia nata in realtà ancor prima dell’arrivo di Conte. L’anno del settimo posto con Del Neri allenatore, 2010-2011, davanti a Buffon c’erano già Barzagli, Bonucci e Chiellini. Una stagione di apprendistato, per conoscersi prima di diventare “rocce” degne dei grandi difensori juventini del passato, lontano e recente. Il bello, per la Juve, è stato che anche quando è mancato qualcuno di questi grandi difensori, i “supplenti” sono riusciti ad inserirsi, a tenere il campo positivamente, a volte faticando e soffrendo, a volte brillando. Martin Caceres è diventato un titolare aggiunto a tutti gli effetti, Padoin l’uomo che dove lo metti sta. Altra caratteristica delle super difesa juventina dei quattro scudetti, è la capacità di segnare che hanno dimostrato i suoi difensori (ad eccezione di Barzagli): 10 gol Bonucci, 8 Chiellini, 6 Caceres. 
Insomma, il miglior attacco è la difesa. E sulla bontà del gioco offerto dalla Juventus, nelle ultime quattro stagioni non c’è da discutere.

 Tra le due Juventus pluriscudettate, ce ne sono state molte altre esaltate dalle qualità dei loro difensori. Negli Anni 70 la Juve di Trapattoni aveva davanti a Zoff, gente come Gentile e Cabrini, Morini e Scirea, che con l’innesto di Brio sarebbe durata fino a metà degli Anni 80. E quando emerse la Juventus di Lippi, che riportò a Torino lo scudetto e poi anche la Champions, in porta c’era Peruzzi, con una difesa che poggiava su Ferrara, Carrera, Kohler e Vierchowod. Poi si aggiunse l’uruguagio Montero, che avrebbe furoreggiato negli anni 2000, che videro arricchire la difesa con campioni come Cannavaro e Thuram, arrivato insieme con Super Gigi Buffon.
Non prendere gol può valere quanto segnarne. E la Juventus di Conte e Allegri è la dimostrazione di come anche in un calcio votato allo spettacolo e sensibile alle goleade che piacciono tanto alle tv, non bisogna dimenticare che quasi ogni gol nasce da un errore. E alla fine vince chi sbaglia meno.

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