VOLLEY Il doppio incarico e una questione di meriti. Quando Velasco non convocò Vullo




In tempi recenti fu l'allora presidente del Coni, Gianni Petrucci, a muovere consistenti obiezioni al doppio incarico (allenare un club e una Nazionale) esponendo il concetto di etica applicata allo sport. La sua riflessione nasceva dalla considerazione che allenatori italiani, che ben conoscevano i giocatori del campionato, poi sfruttavano queste conoscenze tecniche quando affrontavano gli azzurri alla guida delle loro nazionali. 
Era il 2009 e la Nazionale di volley stava soffrendo agli Europei in Turchia, ad Istanbul. I tecnici italiani avevano già iniziato a lavorare in giro per l'Europa: Prandi, Bagnoli, Berruto, senza contare le altre figure diverse (scout, osservatori). E poteva capitare di affrontare le nazionali da loro guidate, magari perdendo. 

Una lunga telefonata quella del presidente del Coni, per aprire un dibattito che periodicamente si riaccende e che da allora, sono trascorsi altri sei anni, non è stato risolto, e sotto certi aspetti nemmeno affrontato. Si è agito secondo convinzioni personali, si è battagliato. La Fipav non volle concederlo a Massimo Barbolini negli anni in cui vinceva. E dopo la delusione olimpica di Londra 2012, il tecnico modenese se ne andò ad allenare club, lasciando la panchina azzurra. 
Ora la tormentata estate della Nazionale maschile ha fatto tornare d'attualità il tema, perchè Blengini, assunto in estate dalla Lube Civitanova Marche come tecnico, è stato promosso ct al posto del dimissionario Mauro Berruto. Premesso che ogni opinione è lecita ed ha i suoi aspetti positivi e negativi, pur comprendendo la natura delle perplessità e gli eventuali e possibili imbarazzi nel dover agire in Nazionale con quegli stessi giocatori che si hanno a disposizione nel club, non mi schiero con chi vede inevitabilmente conflitti di interesse.
Ricordato che ci può essere conflitto anche quando un tecnico condivide il procuratore con giocatori (ecco un punto su cui aprirei un fronte: azzerare le procure degli allenatori) voglio pensare che nessun tecnico lascia a casa un giocatore bravo per convocarne uno che reputa meno valido. Perchè se la Nazionale non vince alla fine è il ct che paga. Ma forse sono troppo romantico, anche parlando di sport.
Riguardo il conflitto, emotivo e di interesse, che può vivere un ct-allenatore di club, mi piace ricordare che quando Julio Velasco allenatore di Modena per l'ultimo anno, fu assunto dalla Fipav per la Nazionale, era il 1989, non convocò Fabio Vullo, con il quale aveva vinto scudetti a Modena, scegliendo invece il giovane Paolo Tofoli. E vero che dopo quel campionato fece solo il ct e quindi non ebbe doppio incarico, ma Vullo era pur sempre stato il suo regista in gialloblu.
Tornando al tema del doppio incarico, è chiaro che se lo si vieta, aumentano i posti di lavoro, le panchine libere nei club soprattutto. E questa può essere una motivazione istituzionale a schierarsi contro, da parte dell'Aiapav. Comprensibile.
Ma credo che anche nello sport la meritocrazia dovrebbe essere premiata, come non accade sempre (quasi mai?) nella vita sociale dove contano spesso contano di più altri aspetti (conoscenze, lobby, raccomandazioni, amicizie importanti, fede politica). 
Hanno doppio incarico allenatori ritenuti bravi e cercati. Tutto qui. E molti tecnici concorderanno che vivere esperienze diverse, con ruoli diversi, in Paesi diversi, non fa che arricchire il bagaglio umano e tecnico di un allenatore.
Ci sono allenatori che soffrono l'inattività, ci sono allenatori che preferiscono concentrarsi su un solo incarico. 
Un club, o una federazione, che decide di mettere sotto contratto un allenatore che già ha un'altra occupazione, può decidere: 1) si fa andare bene la cosa, 2) non l'accetta e ne assume un'altra.




******** L'AIAPAV ha scritto (2. continua?) ******
Il comunicato con il quale l’AIAPAV ha reso nota la propria posizione in merito alla questione dei “doppi incarichi” ha suscitato ampi dibattiti sulle pagine del web nel corso dei quali allenatori, associati e non, hanno espresso il loro pensiero spesso attraverso il richiamo di esperienze personali e di situazioni particolari.

Il Consiglio Direttivo dell’AIAPAV ha accolto con grande favore tali contributi, espressione di un confronto di idee libero, utilissimi, soprattutto nel contrasto di alcuni punti di vista emersi, per l’approfondimento della conoscenza delle diverse realtà in cui operano gli allenatori di pallavolo in Italia.
Come già accennato nel comunicato, è intenzione dell’AIAPAV effettuare un’indagine tra tutti i propri Associati per verificare i loro orientamenti al fine della stesura di un codice deontologico. Ad esempio, per quanto attiene alla questione che ci occupa in questi giorni, è sicuramente necessario differenziare le ipotesi di “doppio incarico” (Nazionale/Club Italiano, Club italiano/Nazionale straniera, rappresentative regionali /Club, rappresentative provinciali/Club ecc.) e conoscere gli orientamenti particolari perché, come evidenziato dalle recenti discussioni, sicuramente non tutti sono concordi sull’intero fronte.

Per il momento appaiono necessarie alcune precisazioni in merito al comunicato del 1 agosto scorso per evitare fraintendimenti e per chiarire dubbi emersi dalle esternazioni di alcuni Allenatori. E’ innanzitutto opportuno precisare che il comunicato è stato frutto di intense consultazioni tra i componenti del Consiglio Direttivo i cui contenuti sono stati estesi a tutti i trenta  Soci Fondatori dell’Associazione.

In tempi non sospetti, ben prima dell'ultima delibera del Consiglio Federale, l’AIAPAV aveva esaminato il tema dei "doppi incarichi degli allenatori", auspicando una regolamentazione della materia che, disciplinandola compiutamente, formalizzasse quanto già accade presso la maggioranza delle Federazioni Straniere pallavolisticamente più evolute: Polonia, Serbia, Brasile, Argentina, Canada, Francia, Germania, Grecia, Australia, Turchia, Iran, Stati Uniti (vedi oltre) ed altri.

La diffusione a livello mondiale del principio secondo cui è opportuno garantire una posizione super partes ai tecnici federali ha spinto il Consiglio direttivo dell’Associazione ad adoperarsi affinchè anche l’Italia recepisca tale valore in modo che si possa evitare alla radice la necessità di valutare l’onestà delle persone e  l’esistenza di possibili conflitti d’interesse.

Qualche Associato ha lamentato di non essere stato preventivamente informato ed interpellato in merito alla determinazione del Consiglio dell’AIAPAV di operare affinchè la Federazione Italiana si allinei al suddetto principio ma la compattezza del fronte internazionale e la larghissima condivisione dell’idea ha fatto ritenere pacifica la necessità di un intervento da parte dell’Associazione e superflua  l’anticipata
richiesta di un parere a tutti gli iscritti.

L’opinione degli Associati appare invece necessaria affinchè l’AIAPAV possa procedere, per quanto di sua competenza, nel tentativo di risolvere i problemi legati al “doppio incarico” nell’attuale quadro caratterizzato dalla mancanza di norme regolamentari.

E’ ovvio infatti che il principio in questione debba essere modulato sotto il profilo normativo/operativo in relazione alle diverse realtà nazionali ed ai differenti livelli di applicazione, stante comunque l’intangibilità del principio sul piano concettuale.

In questo passaggio appare necessario il contributo di tutti, evitando che, secondo un atteggiamento tipicamente italiano, la facile lamentela per l’operato altrui prenda il sopravvento sulla condivisione e sulla collaborazione nella soluzione dei problemi.

E’ pertanto necessario verificare quali siano, ad ogni livello, le implicazioni di un principio che pure appare corretto, preferibile e perciò non rinviabile.

Qualche allenatore ha ad esempio sostenuto l’inopportunità di applicare il divieto di “doppio incarico” in relazione alla conduzione di rappresentative  provinciali o regionali, stante l’impossibilità di svolgere esclusivamente tale attività a causa dell’esiguità dei compensi destinati agli allenatori che rivestono tale ruolo ; tale problematica coinvolge però anche coloro che operano esclusivamente in piccole Associazioni sportive, a volte "tentati" di rinforzare le proprie squadre con "raccomandati trasferimenti" di giovanissimi atleti individuati nelle selezioni regionali o provinciali. È quindi evidente come il principio rimanga da rispettarsi a tutti i livelli, pur consapevoli del fatto che il tipo di soluzione adottabile per ciascuna realtà deve essere strettamente connesso alla contingenza della situazione delle realtà stesse.

Le considerazioni di ognuno, che sicuramente possono essere le più varie nelle situazioni in cui opera, devono contribuire alla stesura di norme condivise che possano indicare i comportamenti ritenuti corretti dagli allenatori nelle relazioni con gli altri protagonisti dello sport che pratichiamo.

Un codice etico, dai contenuti precisi e specifici, che possa essere adottato come guida normativa e comportamentale della categoria degli allenatori, può permettere di supplire alle attuali lacune regolamentari della Federazione; altri Paesi hanno già seguito tale via: gli Stati Uniti hanno già un sistema di norme che deontologicamente disciplina il comportamento degli allenatori e non soltanto nella pallavolo.

Ci augureremmo che anche l'Italia si adattasse a tale situazione.

Infine per eliminare ogni fraintendimento, Il Consiglio Direttivo dell’AIAPAV vuole precisare, che, con il comunicato che ha espresso la contrarietà ai “doppi incarichi”, non ha certo inteso dissertare  sulla posizione individuale e specifica di Gianlorenzo Blengini, al quale si è legati da sentimenti di rispetto e stima ed al quale si augura ogni successo alla guida della nostra Nazionale. Nel contesto delle finalità che l’Associazione si è posta, si è voluto ribadire la scelta di un principio quale chiaro orientamento che possa essere tenuto presente nell'immediato futuro dalla nostra Federazione per le scelte che sarà chiamata a fare.

AIAPAV

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