ROMA Bus a Roma, un calvario quotidiano: il 913

Passano gli anni, cambiamo i sindaci, i remuneratissimi vertici dell'Atac, ma la cattiva gestione e il cattivo funzionamento della rete pubblica dei trasporti a Roma, sono una costante di cui non si riesce a liberarsi. Cambiano anche i passeggeri, perchè ormai i bus sono una forca caudina sotto la quale devono continuare a passare le classi meno abbienti e i cittadini di altri Paesi, accomunati dal fatto di non potersi permettere altri mezzi per spostarsi.
Un giorno a caso, un giovedì, orario preserale, prima della chiusura dei negozi, quindi nemmeno ora di punta anche se con le nuove regole (opportune? contribuiscono ad aumentare il caos?) sulla circolazione nella zona dello Stadio Olimpico perfino una partita di Europa League (Roma-Astra) che ha richiamato meno di 15.000 spettatori può innescare ingorghi nelle zone circostanti.
Ah, si parla di zona centrale, anzi centralissima. Piazza Augusto Imperatore, capolinea del 913 che collega il centro con la zona nord di Roma, attraversando il quartiere Prati.
Ore 18.35, un autobus (numero 3168) palesemente fuori servizio, è fermo. Dopo una decina di minuti arriva un altro bus, con la scritta deposito (numero 3095), quindi anche questo palesemente fuori servizio. Attracca finalmente al capolinea un bus funzionante (numero 3091), la gente sale. Si sta per partire? Non è detto e subito un pensiero assale chi da decenni sa come vanno le cose: vuoi vedere che tra poco ci dicono che questo bus non parte? Il pensiero diventa realtà, nel frattempo è arrivato un altro bus e sarà l'unico a ripartire dopo oltre 40 minuti di attesa complessiva. 
Si chiede perchè il bus non parta e uno dei quattro autisti che stazionavano in zona risponde di getto: «Perché non è arrivato l'autista che deve guidarlo».
Mi verrebbe da dirgli: «Sta aspettando un bus che lo porti qui?». Ma gliela risparmio. Alla domanda successiva ha già perso la calma e dimenticato l'educazione, nevroticamente risponde: «Non sono tenuto a dare queste informazioni a lei». Beh certo, in fondo il passeggero pagante che diritti ha se non quello di subire il sequestro? Evito perfino di mandarlo a quel paese, tanto è una partita persa.

Morale della favola, per due ore di divertimento in centro bisogna sacrificarne altre tre abbondanti per spostamenti che in auto richiederebbero al massimo 40 minuti tra andata e ritorno. Due ore, 120 minuti per fare circa 8km: perchè quando l'autobus è strapieno, ogni fermata dura un'eternità, tra chi sale in mezzo anche se non si potrebbe, tra chi sgomita e talvolta strepita per guadagnare la porta d'uscita dall'interno, se ci riesce. Inutile aggiungere che l'aria circolante era poca, anche se la vettura aveva la porzione alta dei finestrini apribile e non bloccata come spesso succede.
Da una vita i romani sono costretti ad ascoltare l'irritante invito ad usare i mezzi pubblici. Ma quali? Chi ha degli orari da rispettare, impegni, appuntamenti programmi, come fa a fidarsi dell'Atac? Autobus strapieni che mettono a durissima prova la resistenza di persone di ogni età e cittadinanza, di chi soffre di claustrofobia e sindrome da schiacciamento. Può servirsi dei mezzi pubblici chi ha tempo in abbondanza da buttare. No, decisamente no. Roma non è una città per persone civili.

Etichette: ,