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Pubblicato sul Corriere dello Sport di domenica 10 dicembre 2017
Lando Fiorini se n’è andato, il suo cuore mezzo giallo e mezzo rosso ha
cessato di battere e palpitare. La sua voce, la voce di Roma, si è
spenta, alla fine della lunga partita che da tempo aveva coraggiosamente
ingaggiato con il male, lontano dal palcoscenico, circondato e protetto
dall’affetto della sua famiglia. Lando Fiorini aveva 79 anni, ne
avrebbe compiuti 80 il prossimo 27 gennaio. Lascia la moglie Anna
Ghezzi, i figli Francesco Saverio e Carola, i suoi adorati nipoti con
cui ha condiviso giochi e sorrisi finché ha potuto.
Lando Fiorini
è stato un personaggio assolutamente unico, cantattore che più di
chiunque altro aveva mantenuta viva la romanità artistica e popolaresca,
l’essenza genuina e disincantata di un figlio del popolo, trasteverino
cresciuto a Modena perché i genitori non se la passavano troppo bene ed
era dura crescere otto figli, e poi tornato per vivere il suo destino.
E proprio nel cuore di Trastevere aveva creato Il Puff, il locale dove
per oltre quarant’anni Lando si è esibito alla sua maniera. Cavalcando
l’attualità che gli forniva spunti per testi satirici, prese in giro,
sfottò e gag condite con le parole del popolo, tra doppi sensi e
attacchi diretti, senza riguardi per i potenti di turno, ma in fondo
anche senza troppa cattiveria. Se l’era cullato e coccolato il Puff, la
grande scommessa della sua vita, che aveva ingrandito sobbarcandosi un
onerosissimo mutuo. Era diventata la sua seconda casa, punto di
riferimento per chiunque volesse capire qualcosa di Roma e dei romani.
Il Puff è stato anche una fabbrica di talenti, perché su quella ribalta
sono passati fior di attori, da Enrico Montesano a Lino Banfi, da Tony
Ucci a Gianfranco D’Angelo, da Pino Caruso a Leo Gullotta. E poi i tanti
bravi attori comici di cui amava circondarsi e ai quali aveva lasciato
la ribalta negli ultimi tempi, quando aveva capito che non avrebbe più
potuto onorare l’appuntamento con il suo pubblico. Per oltre
quarant’anni gli hanno chiesto risate e canzoni, dopo una bella cena
alla romana. Perché il Puff dava dava da mangiare ad una quarantina di
persone e per tanti anni il suo cabaret era costretto a stilare
addirittura la lista d’attesa.
L’addio al guardaroba del Puff, ai
costumi nei quali era passata la sua vita d’artista, era stato un
momento doloroso, ma vissuto con senso pratico insieme con il figlio
manager, Francesco Saverio, che fino all’ultimo lo ha protetto dalla
curiosità affettuosa degli amici, di chi voleva sapere come stava Lando.
Romano e romanista, Lando Fiorini era un gran lavoratore, al di
là di come appariva sul palcoscenisco. Si dava da fare per non far
dimenticare il suo lavoro, per promuovere i suoi spettacoli, sostenuto
dalla simpatia e dall’affetto di chi lo conosceva non solo
professionalmente. Sui muri del Puff, incorniciati, gli articoli che
parlavano di lui e dei suoi spettacoli. Sulla parete accanto al suo
camerino una pagina del Corriere dello Sport (che acquistava
puntualmente ogni mattina) dedicata al “predatore della risata perduta”.
Fortissimo il suo legame con il calcio e con la Roma: nei suoi
spettacoli c’erano sempre riferimenti calcistici. E quando si avvicinava
il derby con la Lazio, ricordava divertito di quella volta che aveva
perso la scommessa con Montesano e aveva dovuto fare il giro del
Gianicolo nudo.
Lando amava Roma e Roma lo ha amato, la gente gli
ha riconosciuto talento e semplicità, la capacità di non essere finto,
come definiva la gente poco sincera che voleva sembrare altro e che si
dava le arie. Lui era umile e sulle tavole del Puff non perdeva
occasione per omaggiare i mostri sacri della romanità: da Anna Magnani
ad Aldo Fabrizi, ma anche Trilussa, senza dimenticare Franco Califano e
Gabriella Ferri, l’unica voce di cui sentì la mancanza quando, pochi
anni fa, incise uno splendido album di duetti (“Ti presentoRoma mia”) con una All
Star della canzone: da Baglioni a Venditti, da Minghi a Proietti,
Britti, Goggi, Barbarossa, il maestro Armando Trovajoli, la Autieri e la
Ferilli.
Scrisse uno degli inni della Roma ma umilmente diceva
che quello di Venditti era più bello. Lando era genuino e non conosceva
l’invidia. Da ragazzo aveva fatto di tutto, perché il padre gli chiedeva
di portare i soldi a casa: lavorò come barista, riparò biciclette,
trovò lavoro ai Mercati Generali dove scaricava le cassette della frutta
e non solo. Lavorava e cantava. Cantava e faticava. Poi la grande
occasione, il Rugantino al Sistina e la tournée in America, con Aldo
Fabrizi che gli portava il brodo caldo in camera per fargli passare il
mal di gola.
Attore in molti film, tra cui “Storia di fifa e di
coltello, er seguito der più” la parodia di Franco Franchi e Ciccio
Ingrassia, Lando Fiorini è stato amato per le sue canzoni, le sue
interpretazioni della canzone romana, specie dopo il boom della sua
“Cento campane”, sigla di un giallo tv di successo (Il segno del
comando), una delle canzoni che più amava cantare, insieme con il
“Barcarolo romano” e con l’immortale “Roma nun fa’ la stupida stasera”.
Sarà banale, ma è proprio vero che Roma ieri è rimasta senza voce.
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