A Roma c’è arrivata ma il suo Mondiale lo sta vivendo da forzata spettatrice. Lucia Bosetti doveva essere la punta di diamante dell’attacco azzurro ai Mondiali femminili di volley, invece ha iscritto il suo nome nel lungo elenco degli atleti rimessi a nuovo dal Professor Mariani a Villa Stuart. L’1 agosto a Sassari Lucia, giocando una partita del Grand Prix, si ruppe capsula e crociato, il 4 agosto fu operata ai legamenti del ginocchio e subito dopo si mise al lavoro affrontando la durissima fase della riabilitazione.
«Solo quando capita a te - racconta ora Lucia Bosetti - ti rendi conto di cosa significhi e di quanto sia faticoso il percorso che bisogna fare per recuperare. Non mi era mai capitato di stare ferma in questa maniera. Se ho smaltito la delusione per non poter giocare i Mondiali? Beh, ho avuto tutto il mese di agosto per metabolizzare cosa era accaduto»
Lucia non ha mai voluto rivedere le immagini del suo infortunio, la disperazione nel volto delle compagne.
«No, non ho mai rivisto il video. Mi fa male, non ce la faccio. Voglio solo essere concentrata sulle cose che devo fare per tornare quella che ero. Lì per lì, dopo il dolore iniziale, speravo che potesse non essere cosa grave, mi sono perfino illusa...»
Nella sfortuna del grave infortunio, il destino le ha voluto dare un aiuto riparatore. Il papà Giuseppe era stato appena assunto dalla società giovanile romana Volleyrò di Andrea Scozzese e Armando Monini ed è stato proprio quest'ultimo ad attivarsi a tempo pieno e ad indirizzare Lucia verso il professor Mariani e la sua struttura, specializzata nel restituire allo sport campioni vittime di quel tipo di infortuni. Adesso sembra che le cose procedano al meglio, al punto che Lucia è già tornata in campo, esegue movimenti laterali, insomma, riprende confidenza con la gestualità della pallavolo. Il papà, l’ex ct della Nazionale che ha iniziato a lavorare l’ha ripresa in un video, girato sul campo della struttura che dopo l’operazione, segue gli atleti nel loro cammino di riabilitazione. Sembra incredibile vederla già muoversì così.
La sua giornata inizia alle 8, nell’albergo alla Balduina che la ospita, alle 9 cominciano le tre ore di lavoro riabilitativo.Dopo l’iniziale fase della piscina per riprendere a camminare dolcemente, senza sforzare il ginocchio, ha cominciato a lavorare al potenziamento delle braccia e all’articolazione. Un paio d’ore di riposo per il pranzo e poi nel pomeriggio altro lavoro, stavolta sul campo.
«Si soffre a stare fermi, mi pesa. Ho dovuto imparare ad avere pazienza, a fare esattamente quello che i medici mi dicevano che potevo fare. Non credevo si faticasse tanto. Uscivo dalle sedute stremata, però pian piano ho capito che il peggio era passato e che ero sulla strada del recupero. Adesso cammino bene, se non fossi un atleta, se fossi una persona qualunque, potrei già dirmi recuperata»
Con la Nazionale riteneva di avere un debito e contava di saldarlo ai Mondiali. Ma il destino ci si è messo di mezzo.
«Beh, l’anno scorso l’infortunio alla mano aveva condizionato pesantemente gli Europei. Potevo entrare solo per qualche giro dietro. Speravo di fare un bel Mondiale con la maglia azzurra...»
Invece quella maglia numero 16 l’ha indossata la sorella Caterina, per farla in qualche modo essere presente in Nazionale.
«Mi ha fatto piacere e spero che mia sorella possa vivere un bel Mondiale. Io ho visto Italia-Croazia al PalaLottomatica, le altre le guarderò in tv. Lì mi sono emozionata quando hanno suonato l’inno. Davanti alla tv...vivo le partite da tifosa. Penso che questi tre 3-0 siano serviti molto per il morale»
Ha avuto il timore che il Fenerbahce Istanbul potesse non volerla più dopo l’incidente, ma non è stato così. L’allenatore Abbondanza l’aspetta.
«Sono stati molto carini con me, hanno abbondanza di giocatrici e comunque tra campionato e Champions League qualcuna restava fuori»
Si è sposata alla fine della prima settimana di ritiro della Nazionale, preparava il mondiale che poi non ha fatto. Ha dovuto rimandare addirittura all’anno prossimo il viaggio di nozze con suo marito Matteo Carancini (scoutman della Rebecchi Piacenza con un passato nella Lube, ai Giochi di Londra era nella Nazionale di Berruto, ndr), che le è stato sempre vicino, come peraltro la mamma e il papà, incoraggiandola nei momenti in cui il morale rischiava di precipitare. Ma ora Lucia sta già facendo il conto alla rovescia. Senza fretta, ma con la certezza di tornare ad essere la giocatrice che era.